Lisandro Chiavaro a Roma

Dalla mia prima visita in Italia nel 2008, Roma è stata nel mio cuore.

Quell’anno feci un bellissimo giro d’Italia, l’unico triste fatto fu di non essere arrivato in tempo per conoscere di persona il mio caro amico, l’indimenticabile Angelino De Luca, che mi aprì le porte del mio rapporto con la terra dei miei avi, con cui avevamo stretto una bella amicizia a distanza e chi ci ha lasciato poco prima di quel viaggio inaugurale.

Al termine di quel lungo tour italiano, mi attendeva la Città Eterna.

Roma nel 2008

Fin dall’inizio mi ero sentito, per cultura, per lingua, per familiarità, “a casa” in Italia, molto di più quando ho messo piede nella terra delle mie radici nel Molise, in un’identificazione che mi ha portato a sentirla come Patria.

E Roma, per la sua bellezza, la sua storia millenaria, le infinite attrattive che racchiude e per come mi sento io lì, è diventata da allora uno dei miei luoghi preferiti in questo mondo che ho avuto la benedizione di poter visitare ampiamente.

Dopo quella prima visita nel 2008, sono stato a Roma in due fugaci occasioni (2009 e 2011) in cui lunghissimi collegamenti aerei a Fiumicino mi hanno permesso di trascorrere la giornata in città. E una nuova occasione nel gennaio 2020, quando già il fantasma della pandemia si stava diffondendo nel mondo.

Uno dei miei posti preferiti a Roma è la Via dei Fori Imperiali ed i suoi dintorni, il cuore della città che mostra le testimonianze di quella fantastica civiltá che per secoli è stato il centro del mondo occidentale.

Le mie lunghe passeggiate romane finivano lì al tramonto, oppure lì dicevo addio a Roma per dirigermi verso Termini e Fiumicino.

Sempre con l’illusione di tornare.

Cercando inutilmente di immaginare com’era nel suo splendore quella capitale imperiale di cui oggi ammiriamo l’immensa eredità.

Ogni luogo, ogni monumento, ogni pietra di questa città racconta una meravigliosa storia di secoli di una cultura conosciuta in tutto il mondo.

E che ha lasciato testimonianze della sua presenza a remote latitudini.

L’imponente Colosseo, che di solito dico é così bello che si dimentica lo scopo della sua costruzione, oggi trasformato in un’opera d’arte eccezionale e un’icona della città e dell’Italia intera.

Vicinissimo a lì, mi piace visitare le Terme di Caracalla, che, al di là del loro passato imperiale, rappresentano per me il ricordo della splendida prestazione dei Tre Tenori durante i Mondiali del 1990, che nonostante il passare degli anni, continua a essere il più emozionante che ricordi, anche con la sua imbattibile canzone “Un’estate italiana”, diventata sinonimo di Coppa del Mondo.

Ricordo che durante la mia visita alle Terme, pur in mezzo a tanta grandezza, cercai una guida per chiedergli “dov’era il palcoscenico del 1990?”.

Per me il luogo evoca Luciano Pavarotti più dello stesso Caracalla.

La città è piena di luoghi carichi di significato: la mia piazza preferita, Piazza Navona. Il mio edificio imperiale preferito: il Pantheon. La mia vista preferita: Castel Sant’Angelo accanto al Tevere dal ponte Vittorio Emanuele II. Fino alla mia “casa” romana: l’Hotel Eliseo, in Via della Porta Pinciana, a cui torno ad ogni visita in città.

Ogni angolo di Roma racchiude infinite tracce di storia, gloria e tragedia. La devozione religiosa in Piazza San Pietro, l’orrore nell’ex sede della Ambasciata tedesca e della Gestapo (oggi Museo della Lotta per la Liberazione) o nelle Fosse Ardeatine, la passione sportiva nello Stadio Olimpico, l’affascinante rievocazione del passato in Via Appia, l’infinita bellezza delle sue strade, dei suoi monumenti, dei suoi templi e delle sue case.

Nel 2008, allo Stadio Olimpico, con la maglia del mio Estudiantes de La Plata.

Ogni visita a Roma esalta il mio sentimento di italianità, mi chiama a visitarla ancora e ancora, mi accoglie e mi saluta con l’addio all’Italia, invitandomi a tornarci sempre.

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