Catania-Potenza (Serie C) in gennaio 2020

Io amo il calcio. Da sempre, tutta la mia vita. Tutta la mia esistenza è piena di ricordi legati a giochi, stadi, tornei. Le diverse fasi sono associate nei miei ricordi con i successivi Mondiali di ogni tempo, che sono la festa insormontabile.

Ho seguito il mio Club, Estudiantes de La Plata, fin da giovanissimo. Quando avevo solo 3 anni, è stato campione del mondo in una finale mitica contro il Manchester United di Bobby Charlton all’Old Trafford. Ho vaghi ricordi dei festeggiamenti e della mia città vestita di rosso e bianco. In quegli anni d’oro tra il 1968 e il 1970, l’Estudiantes vinse anche tre volte la Coppa Liberatori d’America (“Copa Libertadores de América” in spagnolo, che sarebbe una Champions League sudamericana) e una Coppa Interamericana. Tempi gloriosi e indimenticabili.

I più grandi forse ricorderanno di quel periodo le finali vibranti e purtroppo violentissime della Coppa Intercontinentale del 1969 contro il Milan di Gianni Rivera.

Il mio club ha un eroe unico: Carlos Salvador Bilardo, campione come giocatore e allenatore, coach della Nazionale Argentina ai Mondiali Messico 1986 e Italia 1990. Anche Alejandro Sabella, recentemente scomparso, coach della Nazionale in Brasile 2014, chi è stato campione come giocatore e allenatore in Estudiantes. Un altro nostro personaggio noto a livello internazionale è Juan Sebastián Verón, con una lunga carriera sportiva in Italia in Sampdoria, Parma, Lazio e Inter (1996-2001 e 2004-2006).

Nello nuovo stadio della mia squadra, a La Plata. Un po’ prima della pandemia, novembre 2019, appena inaugurato.

Da adolescente, in tempi di maggiore sicurezza, ho cominciato ad andare da solo al nostro vecchio stadio con tribune in legno che non esiste più, e al cui posto si trova oggi uno nuovo recentemente inaugurato. Col tempo ho cominciato anche ad andarci come visitatore, possibilità adesso da anni vietata in Argentina per evitare incidenti tra tifosi. Lunghi viaggi in puntate storiche, percorrendo centinaia di chilometri in un giorno solo per assistere a una partita.

Nello Stadio Mohammed Bin Zayed, a Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, nella semifinale del Mondiale per Club FIFA 2009.

E così i tornei sudamericani mi hanno portato anche in altri paesi: l’Uruguay, il Paraguay, il Brasile (compresa la notte magica della nostra quarta Coppa Liberatori nel 2009 a Belo Horizonte) e anche migliaia di chilometri lontano ad Abu Dhabi per la Coppa del Mondo per Club di quell’anno.

Ma la mia storia di tifoso non si limita al mio club. I grandi eventi internazionali eccitano il mio spirito cosmopolita e di cittadino del mondo, e li ho seguiti sia in televisione che andando agli stadi quando possibile o approfittando dei viaggi turistici per aggiungere l’esperienza di una partita sul posto.

I miei primi ricordi di una Coppa del Mondo risalgono alla Germania 1974, quella della famosa finale tra la squadra tedesca di Gerd Müller e Franz Beckenbauer e l’neerlandese Arancia Meccanica di Johan Cruyff.. Abbiamo guardato alcune partite in televisione, ancora in bianco e nero, ma lo stesso la sua magia e fascino si sono risvegliati in me, a soli 9 anni. Ho ancora in mente un pareggio per 1-1 tra l’Argentina e l’Italia, la squadra di Sandro Mazzola, Dino Zoff, Giacinto Facchetti, Luigi Riva, tra gli altri, che ha ottenuto il pareggio con un autogol.

Come vivido esempio di quella passione, vi dico che, a causa della differenza di fuso orario, le partite della Coppa del Mondo Corea-Giappone 2002 si sono svolte in Argentina alle 3, 5 e 8 ore del mattino. Per un mese cenavo e andavo a dormire a metà pomeriggio per svegliarmi all’alba per i giochi, vivendo secondo l’ora dell’Estremo Oriente …

Al Mondiale di Spagna 1982, che vinse la splendida Italia di Paolo Rossi ed Enzo Bearzot, ero all’ultimo anno della scuola media, a 17 anni. E sono arrivato a giugno senza perdere un solo giorno scolastico, quindi durante la Coppa del Mondo ho potuto saltare le lezioni quasi tutti i giorni e non perdere nessun gioco.

Ho visto coppe sudamericane e mondiali giovanili, qualificazioni alla Coppa del Mondo, Coppe America, persino una Coppa Asiatica in Qatar. Partite di campionato in Germania, Spagna, Bosnia Erzegovina, Giappone, Cina, Stati Uniti, Uruguay … Per vedere il gioco e anche il modo molto particolare in cui le persone si comportano e vivono lo sport in ogni paese.

A Buenos Aires, con i miei nipoti, Argentina-Venezuela per le qualificazioni ai Mondiali Brasile 2014. Marzo 2013.

Nel 2008, nel mio primo viaggio in Italia, ho avuto la fortuna di poter andare allo Stadio Olimpico di Roma in un Lazio-Siena. E nella mia ultima visita, a gennaio 2020, non ho potuto coincidere con nessuna partita di Serie A o Coppa Italia, ma mi sono sbizzarrito con un Catania-Potenza di Serie C.

Fino ad ora non sono mai stato in grado di partecipare in stadio a una partita di una Coppa del Mondo. Nel 1978 c’è stata in Argentina, ma ero ancora troppo giovane per trasferirmi in altre città da solo.

Una Coppa del Mondo è quindi un sogno ancora in sospeso. Se la situazione lo consente, voglio viaggiare in Qatar nel 2022, un Mondiale ideale per gli innamorati di questi meravigliosi eventi, in un paese piccolissimo dove tutti gli stadi sono vicini e sarebbe possibile andare a tanti giochi. Ed anche possa la mia anima cosmopolita godersi nelle strade piene di gente dei cinque continenti, le loro bandiere, urla, canzoni, le diverse lingue, i loro diversi modi di sentire il calcio.

E anche poter per la prima volta andare a vedere la Nazionale italiana e cantare l’Inno di Mameli in una tribuna strapiena di tifosi.

In questi tempi di pandemia e di stadi vuoti, il calcio è stato un compagno amichevole per lunghi pomeriggi e serate a casa. E così, attraverso la televisione e Internet, rompere l’isolamento per un momento e spostarmi con fantasia verso altre terre, altri eventi e stadi meravigliosi.

Spero che presto questo lungo incubo finisca, e un giorno il calcio sia ancora una volta una festa di stadi pieni, folla, colori, canti e abbracci.

Come un modo in più per celebrare il ritorno alla vita.

A casa mia, con il mio cane Beto (ora deceduto) e la maglia dell’Italia (che mi è stata rubata nel 2005…)

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