Ho conosciuto Giulia D’Aloia molti anni fa. Me ne descrisse la bravura nel 2004, durante una delle mie periodiche visite a Montorio, l’amico che da sempre mi ospitava: Guido Vincelli. Mi raccontò, in modo particolarmente entusiasta, di una ragazzina, figlia di amici, che “sapeva dipingere veramente…” e mi mostrò un album pieno di acquerelli e di lavori con la penna Bic. Cominciai a sfogliare l’album e osservai con attenzione sempre crescente – uno per uno- tutti quei dipinti e ne rimasi particolarmente colpito. Rilevai subito la pennellata “matura” e decisa e il gusto raffinato di quella giovanissima artista, che illustrava in maniera suggestiva volti e ambientazioni legati alla natura o alle profonde e magiche leggende che di essa si narrano e che da essa scaturiscono.

Giulia D’aloia, in arte Juliet Rosa Wood –

Giulia, che ha frequentato il Liceo Artistico di Termoli, dopo il conseguimento del diploma ha proseguito gli studi con un Master in Graphic & Web Designer, per poi dedicarsi a tempo pieno alla pittura. Dal 2015 ha  iniziato, periodicamente, ad esporre i suoi dipinti in molti eventi artistici, sia nel Molise che fuori Regione: Mostre, Esposizioni d’Arte e suggestive manifestazioni di Body Painting Performances, poiché si deve a Giulia D’Aloia l’introduzione – nel Molise- della pittura artistica sul corpo. Proprio sul tema della bravura di Giulia nella BodyArt, mi è capitato di vederla in azione a Termoli, a Portocannone e a Campobasso, in affollate ed applaudite esibizioni, mentre con l’ausilio di appositi colori decorava il corpo di una modella, quasi sempre con temi floreali, a segnalare l’intenso rapporto che connette l’essere umano alla natura.

Il legame con la natura è sempre stato un forte argomento di tipo esistenziale, che Giulia  ha vissuto e quotidianamente vive e che ha influenzato, da sempre e in modo vistoso, la sua pittura, la sua visione del mondo, attraverso un lungo e impervio cammino intellettuale, sostanzialmente di tipo spirituale. Nata e vissuta nella campagna montoriese in cui ancora oggi lavora ed opera, ha percepito sin dalla nascita l’intensa suggestione della natura, la sua perpetua trasformazione nel flusso perenne delle stagioni; si può dire, addirittura, che Giulia vede nella Natura una riserva perenne di forme artistiche di cui ha assorbito i colori nelle loro più variegate sfumature. Sono gli stessi colori che dominano infatti la scala cromatica di gran parte dei suoi dipinti! Come lei ha scritto in una sua breve biografia: “Il bosco e la campagna, il cielo azzurro e le nuvole vaganti, la pioggia e il vento, sono stati e sono la cornice variegata dei miei stati d’animo, del mio modo di interpretare il mondo, perchè suscitano in me livelli profondi di riflessione”.

Queste sue “meditazioni” sulla natura e poi la ricerca di un “nome d’arte”, in voga tra gli artisti per siglare i propri lavori, hanno sollecitato Giulia ad assumere nel novembre scorso il nome di Juliet Rosa Wood. Questo nome d’arte, come lei stessa ha segnalato, è legato alla sua infanzia, al nonno che coltivava rose e che la conduceva in lunghe passeggiate in campagna e nei boschi vicini, mostrandole fiori e piante e raccontando storie meravigliose. Per lunghi anni, con intelligenza e grande costanza, con vibrante passione ed una sempre crescente competenza, Giulia ha praticato la pittura ad acquerello; una pittura difficile, ma di particolare impatto visivo, che le ha consentito di costruire immagini complesse, piene di grande fascino e di straordinaria luminosità.

Conversando varie volte con lei, soprattutto nel corso di questi ultimi anni, ho avuto modo di comprendere la sua passione per l’acquerello, non solo ammirando il prodotto finito, ma vedendola costruire “dal vivo” le immagini che fluivano dalla sua mente e dal suo inconscio. Ne ho ammirato la perfetta manualità tecnica, in grado di evocare l’impalpabilità dei suoi sentimenti e delle sue emozioni, anche quelle più profonde. Ho visto da vicino Giulia al lavoro stendere velature sottili, modellare sovrapposizioni che costruivano suggestioni visive, creare macchie, inseguire la goccia colorata dell’acqua che corre sul foglio per modificarne il percorso e dare senso alla composizione; ho inoltre ammirato molto il suo stile gestuale, sottolineato dal movimento sapiente e ritmico del polso che conduce il pennello a sintetizzare forme che sollecitano l’immaginazione. Il suo impeto creativo, all’interno di quei  margini di “fragilità” della tecnica pittorica, basato non solo sulla precisione, ma anche sulla fluidità, sulla rapidità e sulla luce e addirittura al “lasciarsi andare…”, ossìa su concetti fuggevoli, che rappresentano la quintessenza dell’acquerello, ha fatto sì che le sue opere attirassero l’attenzione di alcuni critici che operano nel settore artistico della pittura.

Sono nati da qui gli inviti fatti a Giulia per partecipare ad accurate selezioni, al fine di poter essere ammessi ad esporre i propri dipinti in importanti eventi artistici di rilevanza internazionale a cui ha poi partecipato. La prima Mostra si è svolta a Parigi dal 22 al 27 settembre dello scorso anno, nel quartiere di Saint-Germaine-des-Près presso l’ Art Gallery Corrado Bortone.

“Attesa” Il nome del quadro esposto a Parigi

Per Giulia è stato una sorta di simbolico “battesimo”, per essersi ritrovata con un suo dipinto esposto in un quartiere noto in tutto il mondo che ha visto, nel reticolo delle sue strade e dei suoi vicoli, abitare, passeggiare o sedersi ad uno dei suoi bistrot o dei suoi café artisti come Pablo Picasso (che dipinse <Guernica> in Rue des Grands Augustins), Salvador Dalì, Eugène Delacroix, Eduard Manet, Jean-Auguste-Dominique Ingres, e altri; e poi intellettuali, scrittori e poeti tra i quali ricordiamo Jean-Paul Sartre, Simone de Bouvoir, Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, Albert Camus, Jacques Prévert e tanti altri ancora. In questa Galleria d’Arte Giulia ha esposto <Attesa>, un acquerello che raffigura in modo magistrale due volti contrapposti, assorti quasi in una sorta di mistica contemplazione di un lontano orizzonte, una visione forse…o anche un pensiero, che velocemente attraversa la mente. In questo dipinto dai toni incisivi, ma diafani, il gioco delle velature crea indiscutibili, suggestivi contrasti, mentre acquatiche trasparenze esaltano la luminosità tutta della composizione. Tra i due volti, l’artista ha inserito, non casualmente, un bianco simbolo alchemico: una farfalla bianca. Come è noto, la “farfalla” è un simbolo forte del “mutamento”,  della trasmutazione, segnala una sommessa richiesta di “rinnovamento” e ciò è accentuato, nel dipinto, dalla scelta del non-colore, dal “bianco”. Infatti, pur essendo simbolo di luminosità, il bianco o colore “acromatico”, esprime speranza per il futuro e quindi segnala anch’esso il desiderio profondo del cambiamento, che necessita – come recita il titolo del dipinto-  di una necessaria <Attesa>…

 Il titolo di questo con le orchidee è ” Mon Cherì” ed’è stato esposto a Mosca –

Straordinaria è stata anche la Mostra in Russia, che si è svolta a Mosca dal 6 al 31 Marzo scorso nel Meridian Arts and Cultural Center, uno dei centri culturali più importanti della capitale.Giulia ha esposto qui un dipinto ad acquerello dal titolo <Mon Cheri>, che mostra una donna dagli occhi socchiusi che abbraccia delle orchidee, il fiore che Marcel Proust inserisce nella sua Recherche come simbolo di seduzione. E la natura, fonte primaria della ispirazione nei lavori di Giulia, propone sovente, nelle esplosioni cromatiche delle sue infiorescenze, scenari di un velato, soffuso erotismo. Questo dipinto nasce da una forte suggestione dell’artista per una fotografia e ci aiuta a comprendere il passaggio fondamentale dal “reale” all’immaginario nel dare forma all’emozione da un punto di vista pittorico. Un “forma”, può infatti essere legata al mondo visibile, ma l’arte risiede nella “trasformazione” del reale, cioè  nella costruzione visiva delle idee e delle sensazioni dal punto di vista dell’artista, quindi nella sua “interpretazione” e nella sua “trasfigurazione”. Dal punto di vista tecnico della pittura ad acquerello, questo dipinto di Giulia D’ Aloia, dal carattere fortemente introspettivo, tocca vette molto alte nella stesura di pennellate magistrali, fluide, luminose, incisive. Esso ci mostra, nell’articolata e delicatissima distribuzione delle “macchie”, non soltanto i “volumi”, ma le profonde emozioni e le passioni che animano e danno vita a tutta la composizione.

A Giulia D’Aloia, anzi all’Artista Juliet Rosa Wood, posso solo indirizzare fervidi auguri di buon proseguimento e di ulteriori, meritati successi.

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Di Renato Cavallaro

Università di Roma “La Sapienza”

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