Finalmente il monumento agli emigranti di Montorio è stato ultimato e collocato nel centro del paese, quasi a testimoniare una fase storica di questo piccolo paese, un tempo molto più ricco di abitanti, sebbene molto più poveri economicamente, ed uno dei più colpiti dal fenomeno migratorio di tutto il territorio molisano, come è stato evidenziato dai relatori presenti al convegno, per la inaugurazione di questo monumento, che è stato realizzato quasi come un  testimone nel tempo passato , ma soprattutto nel presente, di quel particolare e doloroso fenomeno che riguarda la vita di ogni persona, che ha dovuto affrontare, con dolore e con sofferenza  il problema della emigrazione.. La cerimonia di presentazione , ha visto la partecipazione di importanti studiosi ,che hanno documentato il processo dell’emigrazione, la presenza dei rappresentanti della associazione Montorio-Montreal e di Toronto, la presenza delle autorità, e addirittura la importante presenza dell’ Ambasciatore Magliano, la cui famiglia ha origini proprio di Montorio, e risiedeva in un monumentale palazzo a Montorio, appunto il palazzo Magliano. Numerose sono state le relazioni e gli interventi , presentati ad un pubblico numeroso, sensibile e attento, interessato e sensibile a questo evento, proprio perché la “EMIGRAZIONE “è un fenomeno che tocca da vicino ognuno di loro che aveva subito l’allontanamento di un famigliare , o della intera famiglia. Sono numerosi e ognuno specificatamente e  particolarmente dolorosi, tutti gli aspetti che interessano le analisi e gli studi del problema migratorio. Che richiederebbe una analisi specifica per ognuno di essi, da un  punto di vista sociale, una analisi dal punto di vista politico, un’altra dal punto di vista economico, e tante altre ancora. E tutte quante, riunite in un contesto generale e complesso, ci dovrebbero permettere di approfondire lo studio e la conoscenza delle cause e dei motivi che hanno spinto , e spingono ancora oggi, intere popolazioni ad emigrare, abbandonando i luoghi natii, per cercare nuovi territori , nuovi luoghi, nuove realtà, nelle quali poter ricomporre una esistenza in condizioni più favorevoli e più accettabili. Proprio perché dal punto di vista storico, lo sviluppo è passato dalla fase nella quale l’uomo era un semplice raccoglitore dei prodotti della terra, ad una fase dell’era moderna, in cui la tecnica, la conoscenza, lo studio e la continua ricerca scientifica, hanno permesso lo sfruttamento del territorio, per ottenere dei prodotti agricoli sempre più abbondanti e sempre meno costosi, proprio grazie alle tecniche moderne di coltivazione scientifica della terra. ma lo sviluppo non ha riguardato solo il problema alimentare. anche le condiziono di lavoro, le condizioni delle abitazioni, l’organizzazione della vita sociale moderna, è stata immensamente e radicalmente trasformata e migliorata, proprio grazie all’utilizzo delle tecniche e delle innovative scoperte scientifiche , in continua evoluzione, che applicate nei processi produttivi, nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, hanno consentito di applicare ai processi lavorativi, grandi risparmi di fatiche e di sforzi, ed addirittura oggi, nella moderna  rivoluzione industriale dell’automazione e del controllo, con l’utilizzo della informatica e della  informatica, addirittura si può lavorare in quella particolare forma , detta “smart working”, addirittura da casa, senza spostarsi fisicamente sul luogo di lavoro, ma restando comodamente seduti davanti ad un computer, eseguendo degli imput ad un sistema di macchine integrato, che eseguono operazioni lavorative faticose, prima eseguite a mano o con rudimentali attrezzi di lavoro. Oggi, sempre meno l’uomo si sposta nel luogo di lavoro, nella fabbrica, nell’ufficio, all’estero, in ogni parte del mondo, perché è la officina, la fabbrica , gli impianti produttivi, l’ufficio, le quali, attraverso l’organizzazione scientifica del  lavoro, si spostano e si “delocalizzano” dove c’è lavoro da sottomettere a più basso costo, con condizioni lavorative che permettono un aumento dello sfruttamento, che se aumentano l’occupazione nei nuovi territori, aumentano la disoccupazione e il licenziamento di grandi masse di lavoratori, nei paesi precedentemente e sufficientemente sviluppati. E’ la riduzione del costo del lavoro, che permette al capitalista di raggiungere un maggior utile di esercizio, essendo gli altri costi di produzione difficilmente riducibili. Mentre intere nazioni, o distretti industriali , prima fiorenti ed ammirevoli per lo sviluppo della intera regione, esempi da tenere in dovuta considerazione, modelli di sviluppo da imitare, nel corso del tempo si sono trasformati in aree di crisi, licenziando grandi masse di forza lavoro, e creando seri problemi per tutto il tessuto sociale presente, dai lavoratori, dagli impiegati , dalle maestranze e addirittura anche per gli stessi imprenditori proprietari della fabbrica. Oggi, purtroppo , sono queste alcune delle cause più gravi che creano i nuovi processi migratori. E che creano quelle contraddizioni che si sviluppano parallelamente ad uno sviluppo che, forse non è uno sviluppo equilibrato. Mentre a Montorio i flussi migratori hanno interessato soprattutto braccianti e contadini occupati in agricoltura, per qualche mese all’anno, proprio per le condizioni di lavoro legate al ciclo di coltivazione delle varie colture, sebbene suddivise in modo da utilizzare l’intero anno solare, grano, granturco, fieno, vite, olivo e nonostante tutto, hanno costretto intere famiglie ad emigrare. Una analisi necessaria va fatta soprattutto per le condizioni oggettive della composizione della proprietà della terra, troppo spesso concentrata in mano a pochi proprietari, che la gestivano in condizioni di organizzazione del lavoro di estremo sfruttamento, con livelli di salario estremamente bassi, che erano essi stessi causa ed effetto di una miseria generale diffusa a tutto il tessuto sociale. Mentre il rapporto tra lavoratori produttivi e lavoratori improduttivi era estremamente sfavorevole per i lavoratori produttivi, sui quali gravava una grande massa di classi sociali borghesi ed aristocratiche , eredità del precedente sistema feudale, le quali non lavorando affatto, ma vivendo di lussi e di ozio, gravavano parassitariamente si lavoratori manuali della terra, date le arretrate condizioni di produzione e la mancanza di un sistema di macchine soprattutto. Diversamente, nel “NUOVO MONDO”, tutti DOVEVANO LAVORARE: Perché il nuovo sistema di produzione non aveva ancora una composizione di classi parassitarie e sfruttatrici, mentre i processi di sviluppo , delle fabbriche, delle infrastruttura e della urbanizzazione, occupava a tempo pieno la forza lavoro disponibile, E questo è un particolare importante che ha caratterizzato la trasformazione della forza lavoro ,italiana soprattutto, da bracciantile e contadina, in forza lavoro spesso specializzata, attraverso lo sviluppo di quella organizzazione del lavoro conosciuta come” TAYLORISMO e FORDISMO”. Queste dovute ed opportune considerazioni sono utili per approfondire il “salto di qualità”, che ha caratterizzato l’enorme benessere economico di chi era emigrato, da condizioni di estrema miseria, a condizioni di un nuovo e moderno sfruttamento. ma che tuttavia , grazie alla mancanza di quel parassitume caratteristico del vecchio continente, poteva disporre di maggior salario, che un sistema economico riconosceva ai lavoratori. Grazie al quale poter vivere in condizioni più favorevoli, e addirittura poter mandare del denaro ai famigliari residenti nei paesi di origine. Un altro aspetto molto interessante, ma al quale possiamo solo accennare, è il conseguente flusso demografico di mezzadri e coloni provenienti da territori limitrofi, che hanno sostituito i lavoratori emigrati, nelle campagne, nelle masserie, e lavorando e coltivando quei terreni, rimasti sempre in proprietà dei precedenti padroni. Non è possibile qui trattare del legame dei rapporti materiali di produzione e dei corrispondenti rapporti sociali di produzione, variando i quali , si poteva contenere grandemente tutto il processo migratorio. Ecco perché è doveroso , oltre che utile, allargare il contesto delle analisi riguardante tutto il complesso fenomeno della emigrazione. perché molte sono le cause e le dinamiche che hanno generato un massiccio esodo , quasi Biblico! Purtroppo ,o fortunatamente, si parla di emigrazione , solamente riferendosi all’aspetto emotivo, del dolore e dello strazio dovuto alla partenza ed al distacco di affetti e di sentimenti, che legano,  e che sono alla base di ogni famiglia, sia dal punto di vista di genitore, sia di figli. Perché quando un cambio di residenza , un trasferimento da un  luogo di lavoro ad un altro, è fatto per un estremo bisogno di sopravvivenza , il distacco, l’allontanamento provoca una ferita negli affetti, una offesa nella sfera sentimentale, molto difficile e molto dolorosa da affrontare. E molto spesso non si supera. E la dimostrazione è proprio nella importanza, nella figura, nella essenza di questo monumento posato nella piazza dei Montorio, voluto dai montoriesi tutti, ma soprattutto dai montoriesi di Toronto e di Montreal, che con i loro sacrifici sono rimasti sempre presenti a Montorio, quasi a vivere ogni momento della loro vita nel loro paese natio. In mezzo agli abitanti di Montorio, ricomponendo quel legame affettivo tra tutti i montoriesi, che ha caratterizzato l’alto livello di socialità e di educazione civica dei montoriesi , che dovrebbe essere alla base di ogni comunità. Tutti i montoriesi , tutti i forestieri , tutti i turisti che passano davanti a questo particolare e caratteristico monumento, resteranno affascinati e meravigliati . Andrea di Maulo e Valeria Vitulli hanno realizzato una opera d’arte ,non da chiudere in un museo. Ma da offrire allo sguardo di chi  passa lì davanti, e riceve il messaggio del valore e dell’importanza di questo bel monumento, quasi a ricomporre la integrità e la popolazione ,orgogliosa di essere di Montorio

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