Montorio nei Frentani.., un paese di “viaggiatori” svuotato dall’emigrazione, è stato sempre un luogo molto vivo nell’immaginario di molti intellettuali italiani e stranieri, sollecitandoli spesso a visite di carattere culturale. L’interesse scaturiva spesso dal noto studio socio-antropologico del 1953 di Guido Vincelli: Una comunità meridionale[1], che consentì, a centinaia di studiosi e di studenti universitari di tutto mio mondo, di conoscere l’esistenza di un piccolo Comune italiano ricco di storia, di cultura e di forti e secolari tradizioni, ancora vive malgrado la profonda mutazione del territorio per via del sostanzioso calo demografico.  Nel corso di molti decenni di attività accademica, mi è personalmente capitato – in vari paesi del mondo- di parlare con studiosi di scienze sociali, che conoscevano Montorio, proprio attraverso la ricerca dell’antropologo italiano.

     Nello scorso mese di Luglio è venuta improvviamente a mancare la mia amica e collega Maria Immacolata Macioti, professoressa ordinaria di “Sociologia dei processi culturali” alla Sapienza di Roma, che vorrei qui ricordare per via dei suoi coinvolgimenti nella realtà culturale montoriese. La conoscevo sin dal 1971 (lei aveva un paio di anni più di me), quando eravamo entrambi agli inizi della nostra carriera accademica presso la Cattedra di Sociologia di Franco Ferrarotti. I comuni, ma diversificati interessi di studio, ai quali si addizionò successivamente la prossimità delle nostre abitazioni romane, rinsaldarono l’amicizia, che andò oltre le severe mura dell’Università. Da sempre interessata allo studio delle forme del sacro (Cristianesimo, Induismo, Ebraismo etc) e dell’esoterismo magico – assai vasta è la produzione dei contributi che la Macioti ha dato alla Sociologia della Religione- si incuriosiva per i miei studi e lavori sulla religiosità popolare, una modalità del sacro diffusa nelle tradizioni devozionali delle nostre società contadine. Per questo motivo, insieme ci siamo recati in molte regioni italiane, portando con noi gruppi di studenti universitari, per seguire feste tradizionali in Piemonte, Toscana, Marche, Abruzzo, Molise, Lazio, Basilicata, Calabria, Sicilia e anche in Sardegna.

    Nel Molise siamo stati insieme a Campobasso per la Sagra dei Misteri, a Tufara per il Carnevale e a Larino per San Pardo. Ma è stato soprattutto Montorio a catturare il suo interesse, sia per la presenza di Guido Vincelli – incontrato a Roma insieme a me e Ferrarotti in attività culturali e conviviali, ma soprattutto per le manifestazioni legate alla tradizione della Tavola di San Giuseppe. La Macioti era infatti rimasta molto colpita dallo svolgersi della cerimonia, sia nel giorno che precede la festa, sia  in quello dedicato alla Tavola in onore del santo. Inoltre, dopo avere visitato assieme a me altre Tavole di S.Giuseppe nei Comuni del Circondario (Larino, S.Martino in Pensilis, Portocannone, Ururi, Casacalenda, Termoli), si convinse del risultato delle mie osservazioni. Infatti avevo individuato, proprio nella dinamica della festa montoriese, la celebrazione più rilevante della zona, per via di quella ricca profusione di simboli, che ne mette in luce l’origine più arcaica, probabilmente pre-cristiana…

    Come qualcuno forse ricorda, nella seconda metà degli anni Ottanta, Guido Vincelli diede vita ad una associazione culturale, con la sede a Campobasso, presso l’AS.Co.M. (Associazione dei Comuni Molisani). Il nome di questa nuova iniziativa era: Associazione per lo Studio delle Fonti Storiche del Molise[2], il cui compito consisteva nello studio di qualsiasi tematica (da un punto di vista sociologico, antropologico, etnologico, storico, etc…), adoperando come strumento le “fonti orali”. Dopo aver ottenuto un piccolo finanziamento dal C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche), Vincelli mi coinvolse in  uno studio sulla magia nel Molise. Mi misi al lavoro e gli comunicai che avrei preso in esame innanzitutto la “magia” in ambito urbano, prendendo come esempio la città capoluogo della regione, Campobasso. Successivamente, avrei messo a confronto la magìa della realtà urbana con la magia nell’ ambiente rurale, prendendo come esempio, per alcune caratteristiche già osservate, proprio il Comune di Montorio nei Frentani. Guido ne fu entusiasta e mi comunicò che avrebbe poi affidato al mio amico prematuramente scomparso, Giulio Di Iorio, antropologo culturale allievo di Alberto M.Cirese, la stesura di una bibliografia  sul folklore magico del Molise.

   La ricerca fu condotta seguento metodologie di tipo qualitativo, ossìa raccogliendo testimonianze orali in forma biografica, sia a Campobasso che a Montorio. Nel capoluogo raccolsi la biografia di un operatore magico, di un  Mago di origine calabrese, molto in voga in quegli anni, mentre a Montorio mi rivolsi a persone di sesso femminile molto abili, non solo nella rimozione del “malocchio”, ma capaci anche di catturare e distribuire forme di “energia” a scopo salutare. Lo studio mise in evidenza alcune differenze sostanziali tra le modalità della magìa in ambiente urbano, rispetto all’universo rurale. Come espediente conoscitivo dell’ignoto, la magìa nell’ambiente urbano serve infatti a conferire “mistero” ad esistenze disincantate, che vivono e si legano agli altri non per “affinità”, ma per legami “funzionali”, spesso marcati dal riserbo e dall’indifferrenza. Il comportamento magico urbano è quello che si mostra come “paradosso del sacro”, in cui il significato “religioso” dell’esistenza non viene disperso, ma si trasforma e si canalizza in variegate forme rituali.

   Nell’universo rurale di Montorio, lo studio mostra invece il radicarsi di un comportamento magico come un residuo folklorico, ma anche come esperienza del mondo, come mysterium fascinans. La magia si presenta qui come  “tecnica pratica” della quotidiana vita domestica, che si inserisce nel circuito sociale dei gruppi primari e che ristabilisce l’equilibrio del “potere” nella relazione “maschio-femmina”. Il ricorso alla pratica magica elementare (sciogliere l’affatturazione da “malocchio”) per sconfiggere il mal di capo o altro lieve malessere, non per niente si svolge nella casa. L’abitazione, nello spazio rurale, acquisisce in maniera intensa e per via dello svolgimento al suo interno della pratica magica, la simbologia di imago mundi, di spazio sacralizzato. Al suo interno infatti è lecito eseguire azioni che legano l’individuo ad un misterioso universo “soprannaturale”, non sempre pienamente conoscibile[3].

    Quando lo studio giunse al momento della pubblicazione, chiesi alla collega Macioti se fosse stata disposta a fare una introduzione a questa ricerca. Mi rispose subito così: “Speravo che tu me lo chiedessi…”. Ma non solo! Il libro le piacque molto e quando poi nel mese di marzo del 1988 le chiesi di presentarlo a Montorio, lei fu particolarmente contenta. E cosi, nella Sala S. Costanzo, in un freddo pomeriggio di Marzo, Maghi, incantesimi e scongiuri fu presentato al pubblico, insieme al compianto Parroco don Remo Colasurdo e a un giornalista di cui, ahimè, non ricordo con sicurezza il nome. Nelle dodici pagine del suo  saggio introduttivo, intitolato Sociologia, religione e magìa, viene affrontato, da un punto di vista specificamente sociologico, il tema della religione, del concetto di “sacro” e delle sue manifestazioni all’interno delle diverse società. Nel prosieguo, la Macioti sottolineò innanzitutto il problema del metodo adoperato nello studio e l’importanza delle fonti orali per la ricerca sociale. Quindi sostenne con forza il ruolo della magìa a Montorio: innanzitutto in quanto “potere” e “magìa” sono enucleati come forza delle donne nella comunità;  in secondo luogo per il ruolo assunto dalla magìa come pratica del quotidiano, ossìa come “prestazione” il cui presidio è affidato al singolo nella sua totalità. Una totalità che inscrive l’individuo nel ciclo perenne della natura e della cultura, secondo le sequenze antiche dei mores.

    E se la magìa permea il tessuto sociale, forse scriveva bene Goethe, quando afferma: “Potessi allontanare la Magìa dal cammino, dimenticare del tutto le formule magiche. Potessi o Natura, starti dinanzi come uomo e null’altro; allora varrebbe la pena di essere uomo!”[4]


[1]Il titolo completo è: Una comunità meridionale: Montorio nei Frentani – Preliminari a  un ‘analisi sociologico-culturale, Taylor, Torino 1958. La ricerca ebbe inizio nel 1951 e fu ultimata nel 1953, ma prima di divenir un volume fu pubblicata a puntate nella rivista torinese “Quaderni di Sociologia”, dal 1953 al 1957. Recentemente è stata ristampata nel 2015, per i tipi delle Edizioni Bonanno (Roma-Acireale), con la “Prefazione” originale di Franco Ferrarotti,  con una nuova “Introduzione” di Giovanna Gianturco e una nota bio-bibliografica completa su Guido Vincelli da me personalemte curata.

[2]Il “Comitato scientifico” era composto da: Don Faustino Avagliano  (Priore di Montecassino), Prof. Pietro Borzomati  (Roma, Università La Sapienza), Prof. Renato Cavallaro (Roma, Università La Sapienza), Prof. Federico D’Agostino (Napoli, Università Federico II), Prof. Angelomichele De Spirito (Salerno, Università degli Studi), Prof. Luciano Osbat (Viterbo, Università della Tuscia), Prof. Alberto Sobrero (Roma, Università La Sapienza).

[3]Il titolo della mia ricerca, che dà anche il titolo a tutto il volume, è: Maghi, incantesimi e scongiuri – Storie di maghi e di magia nel Molise,  Introduzione di Maria Immacolata Macioti, Vitmar Grafika, Roma -Venafro 1988. Nell’interno vi è il saggio di Giulio Di Iorio e di Stella Barile, Saggio di bibliografia sul folklore magico del Molise, pp.117-129.Contiene anche un’Appendice con due articoli pubblicati da Vincelli sulla rivista di Cirese “La Lapa” e

[4]Johann Wolfgang von Goethe , Faust, III

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Di Renato Cavallaro

Università di Roma “La Sapienza”

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